Il Cannone del Giudizio Universale

ovvero

Ve’ che mazzo ci si fa in orbita attorno a Risa per salvare

le chiappe alla galassia


Data stellare 144.999.339.69… ops! Non è la data stellare ma un numero telesubspaziale che mi trovo qui per caso…

Sembrava una mattina come tutte le altre, la nave girava placida e un po’ assonnata attorno a Risa e l’equipaggio non era francamente in condizioni di fare granché, a parte ingurgitare massicce dosi di sintoaspirina (non fa passare il mal di testa, ma ti fa dei buchi nello stomaco che ci passa un TIR!), dato che la sera prima si era a lungo festeggiato il compleanno del dentista di bordo, tenente Mo’ Laren, gran pezzo di gnocca bajoriana dai costumi poco complicati oltre che succinti.

L’unica nota stonata era stata la presenza dell’Ammiraglio Sochmacher, noto spaccamaroni del pianeta Fehrari, che non c’entra niente con l’Impero Ferengi, ma che come gli abitanti del suddetto impero non ama le donne vestite.

Insomma, l’Ammiraglio aveva trascorso la serata a tampinare Mo’ Laren, dicendole ogni cinque minuti Te lo faccio vedere io il Profeta! Dai che mi faccio un giro nel tuo tunnel spaziale! mandando così in bianco buona parte dei partecipanti che si erano sfogati cantando a squarciagola canzonacce da Klingon tipo Nella vecchia Kithomer Ya Ya Oh! e degustando quantità industriali di birra romulana che, oltre a essere vietatissima, ti fa pure venire l’accento veneto tipo Lino Toffolo (personaggio leggendario della Terra del XX secolo).

Il capitano era il più incazzato di tutti perché, oltre ad avere trascorso un periodo forzato di astinenza per curarsi dalle piattole tiberiane che si era preso non si sa come, non si sa dove, aveva anche un forte mal di denti. Si era consolato coniando una delle sue massime piene di saggezza: Ubi Bajor Minchia Cessat! che voleva dire di averne avuto abbastanza di quello stupido pianeta e di tutte le dentiste zoccole che vi abitavano.

L’unica a essere sveglia e al suo posto era la centralinista dell’astronave, il Tenente Kal-Uhura, che siccome aveva le sue cose era andata a letto presto, ma soprattutto da sola. Fu così che toccò proprio a lei leggere l’SSM (Short Subspatial Message) in arrivo dalla Flotta Stellare con priorità uno, così non finiva in mezzo alla selva di messaggini che i vari membri dell’equipaggio si scambiano di continuo intasando le linee.

La povera Kal-Uhura sbiancò immediatamente (sì lo so che è nera, ma questa è letteratura!) e disse la prima cosa che aveva (sempre) in mente:

— Oh, cazzo!

Poi si alzò tanto velocemente dalla poltroncina della sua postazione da consentire a un guardiamarina di passaggio di constatare che portava proprio le mutandine che le aveva regalato un mesetto prima, e se ne compiacque. Percorse a tutta velocità i corridoi curvi dei vari ponti, facendosi pure venire un discreto capogiro, e si fermò solo quando raggiunse la cabina del capitano, riconoscibile dai vari indumenti intimi femminili sparsi sulla soglia. Non è che il servizio di pulizia funzioni male sulla U.S.S. Enterprise, è che il capitano dà via di matto se qualcuno glieli tocca!

La centralinista premette il campanello, che emise il solito stupidissimo suono e attese qualche istante che la porta si aprisse e, quando dopo un paio di secondi non accadde nulla, ripeté l’operazione.

Da dietro la porta giunsero grugniti animaleschi ed espressioni non esattamente shakespeariane, poi apparve il capitano con la barba incolta, l’occhio da asparago di mare (sì proprio quelli che si trovano sul pianeta dei Son-A e hanno quell’espressione ebete a causa del lungo contatto con la popolazione) e l’alito tipo Shrek.

— No, Kal-Uhura, lo sai che a quest’ora non lo faccio mai! — protestò il capitano Kirk quando realizzò di avere di fronte la centralinista.

— Ma no, capitano, non sono venuta per quello, c’è un SSM priorità uno dalla Flotta Stellare – squittì.

— Non sarà un’altra volta la storia della presenza di sintoextasy sull’Enterprise? Ci hanno rotto tanto le palle e non hanno trovato neanche una pasticca. D’altronde le avevamo finite tutte per la festa di addio al celibato di Spok.

— Oh, sì me lo ricordo, capitano, l’infermiera Cappel era tanto gelosa che se n’è fatta un etto e mezzo, poi però il Signor Spok è andato in bianco perché ha scoperto che la sua promessa sposa era un trans!

— Giusto, e lei si è sposata con Oliver Stone… o coi Rolling Stones?

— Non me lo ricordo capitano, comunque non è per quello che la Flotta Stellare ci ha mandato l’SSM.

— E allora che cosa vogliono stavolta? Non bastava avere a bordo quello scassamaroni dell’Ammiraglio Sochmacher?

— Da quello che comunicano, sembra che uno strano oggetto non identificato stia arrivando qui su Risa. Tutti i tentativi per fermarlo sono falliti. Insomma ci sta facendo un culo così!

— Be’, comunque so che a te non dispiacerebbe. Però io sono il mitico capitano Kirk della U.S.S. Enterprise e come al solito tocca al mio equipaggio salvaguardare questo pianeta, anche perché è il posto dove la canapa indiana costa meno che in tutto il resto della galassia.

In quel momento al capitano sparirono la barba, l’alito da insulto alla Convenzione di Ginevra, ma soprattutto l’occhio da asparago di mare.

— Allarme rosso! — disse. — Tutto l’equipaggio ai posti di combattimento!

— Ma, capitano — interloquì Kal-Uhura. — Tre quarti del personale è in missione su Risa.

— Tanto non servono assolutamente a un cazzo! — sentenziò Kirk e, miracolosamente in ordine perfetto, nonostante le ascelle che gli puzzavano ancora, si diresse in plancia.


Ai pochi in grado di intendere e di volere furono assegnati vari compiti operativi per fare fronte a quell’emergenza, dopodiché l’Enterprise abbandonò, suo malgrado e con molti spargimenti di lacrime, l’orbita attorno a Risa per affrontare la cosa che stava per minacciare quel paradiso.

— Signor Spok, cosa ci dicono i suoi sensori? — chiese il capitano all’ufficiale scientifico intento a smanettare con manopole e pulsanti colorati, come se stesse giocando a Prato Fiorito.

— Che siamo stati dei coglioni a lasciare Risa! — rispose prontamente il Vulcaniano con la solita espressione di chi soffre di stitichezza da tutta una vita.

— Questo lo sapevo già, Signor Spok, volevo sapere se c’erano delle novità. La Flotta Stellare non ci ha dotato di questo magnifico computer solo per collegarci a www.latanadimoana.com!

— Be’, non saprei capitano, in questo momento sullo schermo c’è scritto Fatal Error, i driver che stai tentando di installare non sono certificati Microsoft e possono incasinare il sistema più di quanto non lo sia già. Cosa devo fare, dico di proseguire con l’installazione?

— Dannazione! — sbottò Kirk, poi premette un pulsante a caso sulla poltroncina color pantegana per collegarsi con la sala macchine. — Scott sei lì?

— Sì, capitano — rispose una voce impastata il cui alito fetido veniva perfino trasmesso dall’intercom.

— Si può sapere chi ti ha autorizzato a installare il service pack 187 di Windows? Qui non riusciamo più a far funzionare il computer.

— Mi dispiace capitano — rispose Scott alquanto imbarazzato. — Ma quello spaccamaroni dell’Amiraglio Sochmacher voleva installare Star Wars Battlefront 822 e senza il nuovo service pack non gira.

— Ma gli hai spiegato che questo è Star Trek e non Guerre Stellari?

— Sì capitano, ma quello si è messo a dire che questa Federazione dei Pianeti è troppo Unita, che i nostri tubi sono troppo di Jeffries e così via. Cosa potevo fare capitano?

— Mandarlo a cagare naturalmente! Comunque credo che ormai i sensori non ci servano più! Sulu, facci vedere ‘sto affare sullo schermo principale e metti su una videocassetta che me lo registro per guardarmelo più tardi nel mio alloggio. E lei Ciekov, la smetta di guardare quel giornalino porno che intanto non vede un cazzo!

Eseguito con solerzia l’ordine del capitano, tutti (tranne Ciekov) poterono ammirare sbigottiti un lungo oggetto bianco a forma di cono che si stagliava contro quel mare di stelle che era costato una cifra come effetto speciale.

— Interessante — commentò Spok nel tentativo di fare l’originale. — Mi ricorda qualcosa.

— E sarebbe questo coso ad avere distrutto tutte le nostre astronavi che hanno tentato di fermarlo?

In quel momento apparve in plancia il Dottor McCoy.

— Hey Jim — disse. — Ti sei perso qualcosa? Non era quello che ti stavi rullando stamattina?

— Ma no, razza di idiota — replicò Kirk stizzito. — Quello me l’ha ciulato la tua infermiera, la Cappel. Da quando Spok voleva sposarsi la trans di Vulcano continua a dare fondo alle riserve dell’astronave. Non sarebbe ora di ricoverarla sul pianeta San Patrignano? Io ci sono stato l’anno scorso anche se mi hanno buttato fuori a calci dopo una settimana, solo perché avevo detto che volevo fare il giardiniere e coltivare fiori di papavero.

— Ah, ma non posso, capitano, lei viene sempre con regolare ricetta firmata dall’ufficiale medico. Vorrei proprio dirgliene quattro a quello stronzo!

— E allora guardati allo specchio, McCoy!

— Guardi capitano che quel coso là fuori è in grado di spararci addosso. Secondo i miei sensori dovrebbe essere una specie di cannone – interloquì il Vulcaniano.

— Signor Spok, era proprio necessario usare i sensori per capirlo? — sbottò Kirk. — Comunque adesso ce lo togliamo dalle palle perché io voglio tornare su Risa. Ci sarà pure un punto debole in quella cosa là? Cosa ci dice il computer, Signor Spok?

— In questo momento ci chiede se vogliamo riavviarlo in modalità provvisoria. Però, capitano, anche senza usare il computer, direi che siccome ogni macchina stellare deve avere un tubo di scappamento, potremmo cercare di trovarlo…

— Ho capito — lo interruppe Kirk. — Così possiamo mettergliela nel sedere come facciamo sempre. Be’, in base alla mia lunga esperienza al comando di questa astronave direi che il tubo di scappamento si trova proprio là in fondo, in quella parte più stretta a forma di filtrino, per capirci.

— Sì capitano, — intervenne McCoy. — Però se gli spariamo un siluro lì dentro rischiamo di aumentare la sua energia. Anche le altre astronavi ci hanno provato.

— E allora noi faremo al contrario delle altre. Gli spareremo qualcosa davanti per fare fuoriuscire l’energia da dietro. Che ne dite? Non ho sempre idee meravigliose?

— Sì capitano — disse Spok. — Però qualcuno di noi dovrà sacrificarsi, perché un siluro fotonico non mi sembra sufficiente per scatenare la reazione necessaria.

Kirk si prese il viso tra le mani e sentì che gli era tornata la barba della mattina presto, ma se ne fregò altamente e si mise a pensare. Quindi schioccò le dita.

— Ma certo! — esclamò poi pigiò un altro bottone a caso, senza accorgersi che era quello della camicia del Dottor McCoy e aggiunse: — A tutto l’equipaggio, abbiamo bisogno di un cogl… di un eroe che vada ad accendere quel cannone siderale…

E non aveva ancora finito di parlare che dal comunicatore si udì una voce.

— Lo faccio io!!!

Era l’Ammiraglio Sochmacher, che si stava già precipitando come un coguaro del Peloponneso verso la sua navetta rossa fiammante con le gondole di curvatura sponsorizzate Marlboro.

Dalla plancia seguirono l’Ammiraglio avvicinarsi a tutta velocità alla terribile arma distruttrice e, quando giunse a tiro, Kirk ordinò di virare e di agganciare lo scappamento del cannone siderale con il raggio traente.

Fu questione di un attimo e dalla parte opposta si vide un lampo abbagliante che fece capire a tutti che l’Ammiraglio Sochmacher aveva portato a termine la sua (ultima) missione. In quel preciso istante, dallo scappamento del cannone cominciò a uscire un fumo denso che venne catturato dal raggio traente dell’Enterprise.


Ormai della terribile arma non restava che un misero tubicino fluttuante nello spazio (che aveva un po’ meno stelle di prima perché i produttori si erano rotti le balle di spendere tutti quei soldi, mica era Guerre Stellari!) e tutto l’equipaggio dell’Enterprise aveva stampato sul volto un sorriso raggiante, ma anche un po’ ebete. Erano sicuramente tutti soddisfatti della riuscita della missione.

— Be’, anche questa volta abbiamo salvato la galassia — commentò Spok con la sua solita aria saggia da rompicoglioni patentato.

— E ci siamo divertiti come se fossimo stati su Risa — aggiunse McCoy.

— Comunichiamo alla Flotta Stellare che la missione è compiuta — ordinò Kirk.

— Guardi capitano che la centralinista è appena uscita insieme a Sulu.

— Allora manderemo la comunicazione tra un paio d’ore — disse Kirk con una scrollata di spalle.

— E adesso che ordini ci sono capitano? — chiese Spok che come al solito non aveva capito un cacchio.

— Si torna in orbita attorno a Risa, ovviamente — rispose Kirk.

— Splendido capitano — intervenne McCoy. — Andiamo spavaldamente dove solo un imbecille non andrebbe!

       USS. Curie