Intervista a Aaron Waltke, produttore esecutivo di Star Trek: Prodigy

Il primo ciclo da dieci episodi di Star Trek: Prodigy si è concluso lo scorso Febbraio, e Paramount Plus ha dichiarato che la seconda metà della prima stagione vedrà la luce più tardi nel corso dell’anno. In un’intervista al podcast All Access Star Trek di Trekmovie.com, Aaron Waltke, co-executive producer e sceneggiatore capo, ha confermato che l’obiettivo resta quello:

A tutt’oggi, a meno che non accada qualcosa di sconvolgente di cui non sono a conoscenza, (posso dirvi che) vedrete altri 10 episodi su Paramount + entro la fine del 2022.

Paramount + ha ordinato (finora) un totale di 40 episodi della serie, quindi ne usciranno ancora almeno altri trenta. In Aprile è stato annunciato che le sceneggiature erano tutte complete. Waltke ha fornito un aggiornamento un po’ più dettagliato dello stato di lavorazione:

In questo momento abbiamo 25 episodi in vari stadi di lavorazione. È come avere più piatti che girano tutti assieme. È elettrizzante… mi sembra che la registrazione delle voci sia conclusa per quanto riguarda i primi cinque, e stiamo facendo lo storyboard per il finale della seconda stagione. Ecco quanto siamo avanti. Ma abbiamo sempre la sensazione che non ci sia mai abbastanza tempo per fare le cose come vorremmo.

Waltke ha parlato di come ogni blocco da dieci episodi costituisce un arco narrativo che fa parte di una storia più grande, pianificata sin dal principio:

Da un punto di vista emotivo e strutturale si tratta di avere una narrazione autoconclusiva per ogni blocco da 10 episodi, ma con trame che continuano nel successivo. Ecco come vorrei che ognuno vedesse questi 40 episodi. Racconteranno una saga a trecentosessanta gradi. Quindi non preoccupatevi: tutte le domande avranno una risposta, i personaggi che volete vedere ci saranno. Abbiamo discusso molto su questo, su come gestirli al meglio, in modo che risulti soddisfacente e ne valga davvero la pena, piuttosto che metterli in due episodi per  dire: “Okay, questa cosa ora è spiegata. Ciao.”.

Waltke ha anche parlato di come la serie si evolverà nel corso del tempo, e di come si collocherà all’interno del canone di Star Trek:

Muterà il tono, da una stagione all’altra? Naturalmente sì, perché i personaggi si svilupperanno, e noi ci teniamo che crescano. Non vogliamo che Bart Simpson continui per vent’anni ad avere otto anni. E desideriamo che gli eventi dell’universo Trek si riflettano nella serie. Ci sono alcune cose che avvengono negli anni 80 del ventiquattresimo secolo che non intendiamo ignorare.

Anche se è tutto pianificato per 40 episodi, Waltke ha voluto chiarire che non è prevista una fine, per ora, e che non considera l’evoluzione dei personaggi come un ostacolo alla continuazione:

Se toccasse a me decidere, li seguirei fino all’Accademia e oltre, fino a prendere servizio a bordo di altre navi, diventare capitani e combattere qualche guerra. Perché non è la storia di un gruppo di ragazzi, è la storia di un gruppo di ragazzi che si incammina verso l’età adulta. Si tratta di seguire questi personaggi mentre iniziano il loro cammino da un luogo molto lontano dalla Flotta Stellare, per poi progredire ed evolversi. Non so se si è mai vista una cosa del genere, finora, e credo che le possibilità siano infinite.

Quando la serie ha avuto inizio, i producer hanno subito voluto chiarire che, anche se il punto di partenza era lontano, nel quadrante Delta, man mano che si fosse andati avanti avremmo visto entrare nella serie sempre più elementi dell’universo Trek. L’abbiamo già constatato con il primo ciclo da 10 episodi, conclusosi con l’apparizione del “vero” ammiraglio Janeway, sulla plancia della USS Dauntless. Waltke ci tiene a specificare che, anche se ci sono somiglianze e paralleli con la vicenda di Star Trek: Voyager, quando i nostri prenderanno contatto con la Flotta Stellare, o anche con la Terra, non significherà che la serie sta per finire.

Non volevamo che la storia ricalcasse quella di Voyager. Quella era la vicenda di un equipaggio che cerca di tornare a casa, e quando ci riescono la narrazione si conclude. Non credo che nessuno di noi abbia mai pensato all’arrivo sulla Terra come il momento in cui Prodigy finisce. Semmai potrà fungere da catalizzatore per la vicenda. Vedrete nel  prossimo arco narrativo, quando il vice ammiraglio Janeway entra nelle loro vite, come i nostri personaggi cominceranno a conoscere non più soltanto la versione idealizzata e utopistica della Federazione, ma anche i doveri che comporta, e cosa vuol dire essere un ufficiale della flotta e dover prendere decisioni difficili.

STAR TREK: PRODIGY: Ep#109 – Jason Mantzoukas nel ruolo di Jankom Pog, Brett Gray nel ruolo di Dal, Rylee Alazraqui nel ruolo di Rok-Tahk, Ella Purnell nel ruolo di Gwyn e Angus Imrie nel ruolo di Zero in STAR TREK: PRODIGY
Foto: Nickelodeon/Paramount+

Nel corso dei primi dieci episodi abbiamo visto i ragazzi indossare uniformi provvisorie; Waltke ha raccontato che le rivedremo ancora, perché sono parte del percorso dei personaggi per comprendere cos’è la Flotta Stellare.

Ogni volta che indosseranno quelle uniformi sarà per rendersi presentabili, quando la situazione si fa seria, oppure quando ritengono di agire, bene o male, in veste semi-ufficiale. Ma non vogliamo mai che dicano: “Bene, ho l’uniforme, allora sono un capitano, perché di sì”. Non si riterranno soltanto le persone giuste al posto giusto e nel momento giusto, ma cominceranno a capire cosa significa l’uniforme, e si daranno da fare per meritarsela.

Nei primi dieci episodi è stato rivelato molto sulla USS Protostar e  su alcuni personaggi, come per esempio Gwyn. Ma ci sono ancora molti misteri in sospero. Waltke raccomanda pazienza:

Conoscerete il passato di tutti i membri dell’equipaggio. Nessuno di loro si metterà a scrivere un’autobiografia, ma ci saranno dei momenti che faranno luce, e che vi permetteranno di riempire i vuoti. Serviranno a comprendere da dove i personaggi vengono. Scoprirete come mai nessuno di loro – tranne Gwyn – aveva una casa prima di Tars Lamora. Avevano comunque una vita, e conoscerete aspetti di quella vita.

Un esempio che Waltke ha fatto è quello di Jankom Pog, che era arrivato nel quadrante Delta a bordo di una nave generazionale. Conoscere l’ammiraglio Janeway e l’equipaggio della USS Dauntless avrà un impatto su Jankom:

Sarà molto divertente, perché, come avete visto, c’è un altro tellarita – il dottor Noum, interpretato da Jason Alexander – e si trova sulla nave di Janeway. Credo che sia la prima volta che vedremo entrambe le varianti di quella specie. Avremo un tellarita con cinque dita per mano che entrerà in diretto conflitto con Jankom Pog, il quale ne ha tre. E apprenderemo un po’ di più su quel popolo.
A “Mission: Chicago” mi sembra che Dan (Hageman, uno dei due creatori e showrunner della serie, N.d.T.) abbia detto che Jankom ha tecnicamente 200 anni, ed è tecnicamente un tellarita pre-Federazione. Ci sarà da divertirsi quando incontrerà un suo simile e scoprirà che il suo popolo è uno dei fondatori della Federazione. Sarà divertente vedere due tellariti assieme sulla scena…non sono noti per la loro diplomazia, soprattutto il dr. Noum, e credo che ne vedremo delle belle.

Aaron Waltke ha parlato anche di come i producer delle varie serie di Star Trek si tengono in contatto tra di loro, per evitare che si creino contraddizioni, e anche per assicurarsi che le serie risultino collegate:

Parliamo regolarmente con i nostri colleghi, e diciamo sempre: “Metteteci pure un Vau N’Akat quando volete”. Cerchiamo sempre di fare in modo che i collegamenti risultino naturali. Fare in modo che tutti siano al corrente delle cose e risultino parte di un tutto più grande è stato – secondo me – uno dei più grandi trionfi dell’era di Rick Berman, quando c’erano serie come Deep Space Nine che aveva collegamenti con tutto il resto dell’universo Trek. Ci teniamo molto a proseguire quella tradizione.

Abbiamo già visto in Prodigy alcuni personaggi “storici” di Star Trek, e anche quella tradizione continuerà:

Già, sarebbe decisamente sbagliato ignorare tutto quello che c’è stato prima. Vuol dire allora che è un universo piccolo? Forse. Ma ho sempre amato episodi come “Il naufrago del tempo”, dove per caso s’imbattono in Scotty cent’anni dopo…comunque, la cosa importante è evitare che questi “personaggi illustri” finiscano per dominare troppo la scena. Questa è e deve rimanere la storia dei nostri ragazzi. E se introduciamo nuovi personaggi, devono avere uno scopo specifico. Devono avere rilevanza nel percorso di crescita del nostro giovane equipaggio, devono avere un ruolo sostanziale.

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